Spendiamo qualche parola sul nome e sul logo del nostro progetto Kaupapa.
Le macchinazioni mentali che servono per elaborare il nome di una nuova attività possono dare gli esiti più disparati. Figuriamoci, poi, se sono due le teste che elaborano e che devono raggiungere una sintesi. E se questa attività si occupa di comunicazione: un nome che è già portfolio.
Giorni faticosi e appassionati, a tratti divertenti. Cercavamo qualcosa di originale, di insolito, niente di pretenzioso o altisonante.
La lingua maori è sembrata quasi da subito fare al caso nostro: suoni curiosi, rimandi esotici.
Va detto tuttavia, o per nostra fortuna, che la cerchia di lemmi papabili di questo idioma per il nostro scopo era davvero ristretta.
Scartando parole dal significato interessante, ma impronunciabili, oppure melodiose ma ingestibili, la scrematura ha prodotto due, massimo tre, opzioni. Tra queste Kaupapa, che in Maori significa “progetto”, “programma”.
Sì forse questa era la più cacofonica della rosa, ma tant’è. Kaupapa ci rappresenta, così come il suo senso, che ha in sé l’istanza di qualcosa in divenire.
Una volta verificata la genuinità della nostra ricerca, siamo passate all’ideazione grafica.
Serviva un segno caratterizzante, un pittogramma che accompagnasse il logo.
Ci è sembrato naturale attingere anche per questo dalla cultura Maori che, com’è noto, è ricca di rappresentazioni tribali. L’ispirazione è venuta da una delle varianti del Sole Maori, che simboleggia l'”energia”, questo
Estrapolata la situazione centrale, cioè il gruppo di pistilli bianchi quasi intrecciati tra loro, l’abbiamo poi elaborata per renderla più grafica possibile e allontanarci così dall’estetica Maori, poiché, mantenere anche quella, cominciava ad essere fuorviante rispetto alla mission del laboratorio.
Il risultato è un diagramma costituito da elementi che sembrano interagire tra loro, come un team di persone (il pallino ricorda la testa di un uomo, no?), in un contesto circolare ma aperto, energico.
L’elemento verde che si differenzia dagli altri non è solo un tocco d’artista, ma richiama l’unicità di ogni persona, e di ogni progetto, come spiegato in homepage accanto all’amantide pazzerella.
Il logo: doveva essere semplice e legare perfettamente con il pittogramma.
Infine, massima intesa sulla scelta dei colori verde e nero.